lunedì 1 novembre 2010

i Morti (a Domenico)

Domani "sono i Morti".
Già, ma i morti si sa che non son tutti uguali, certamente ognuno ha i propri, e poi ci sono quelli diciamo "comuni", ai quali si rende in qualche modo omaggio o gli si dedica un ricordo, magari un brutto ricordo che comunque rende loro l'asser esistiti.
Ma non è per tutti così.

Forse è passato un mese o poco più dalla morte prematura di Domenico, probabilmente dovuta agli accidenti d'una vita piegata su se stessa. Sorte comune ai molti che arrivati dal paese, qualunque esso sia, non sono riusciti ad adeguarsi ad un ambiente ostile, dove il tradizionale legame tra parenti, amici e vicini di casa viene sostituito dall'opportunismo e dall'interesse, sentimenti con i quali non sempre si riesce a fare i conti.
Così per anni, appoggiato al muro di fuori o seduto solitario nell'ostaia della Gabri, Domenico ha avvelenato il suo fegato con l'alcool e d il suo sangue con il lavoro sottopagato, nero e faticoso, sino a consumarsi.

Qualcuno l'ha anche aiutato a sopravvivere nei periodi peggiori, altri si toglievan l'ingombro offrendogli un bicchiere di nero, ma i più l'han malamente sopportato mentre urlavano al tavolo delle carte.
Lui al massimo brontolava sommesso cose incomprensibili, in calabrese, con il viso triste e rosso quasi schiacciato tra la coppola ed il bavero del giaccone.
Fino a sera inoltrata, quando se ne rientrava balcollante e maleodorante a casa "sua", dove l'acqua calda non arrivò mai e dove la pietà d'un padrone di casa l'ospitava.
Ma Domenico spesso sorrideva, vai a saper il perchè, e sicuramente sempre salutava.

Gli occhi azzurri insieme al suo rimanere lì, in piazzetta, da mattina a sera, m'han suggerito quello che lui forse aspettava invano di rivedere davanti al suo sguardo... l'immagine di uno slargo sterrato tra le case di pietra, dove gli stretti vicoli del paese incontrano improvvisa la luce... dove un'emporio, un'ostaia e qualche panchina creano lo scenario d'un tempo dilatato e sereno.
Un tempo adatto ad esser diviso a seconda di bisogni ed esigenze umane, dove la relazione tra le cose e le persone è scandita dalle campane e dal sorger ed il calar del sole, dal canto del gallo e dal rumore dei piatti nel dopopranzo...

Quante vite segnate dalla solitudine di una migrazione coatta, dalla miseria umana della città e della produttività... quanti Domenico sono passati come fantasmi nei quartieri come il nostro, a cui in fondo si somigliano, piccole comunità che sono stati disgregate, territori antropologicamente destrutturati nella loro tipicità, nel loro "carattere"...

E così come un pallone sgonfio scalciato sotto una macchina, come una cartaccia volante nella strada, è passato Domenico, e se ne è andato. Molte persone pronte a far ponti d'oro ad altri morti che magari posson dimostrar riconoscenza anche postuma, neanche se ne son accorte. O peggio ancora han commentato, con un "buon per lui..."

Tutte, tutte le volte che mi son trovato senza sigarette Domenico me ne ha sempre offerto una, accompagnata da un sorriso triste.
Grazie Domenico, Grazie ancora.




1 commento:

Anonimo ha detto...

Direi che hai colpito il segno Domenico un grande Amico,non per tutti forse!Resta di fatto che Lui resterà nell'aria.