giovedì 25 giugno 2009

trent'anni fa, non troppo lontano...

Magari apparentemente questo ricordo c'entra poco con il quartiere, il territorio dove vivo, infatti allora vivevo altrove, pur vicino.
Ma c'entra se penso alle cose considerate un bene comune, di cui spesso scrivo, magari proprio come i nostri laghetti ed i nostri boschi, le crouse e i bricchi che ci circondano, i trogoli ed i muretti...
Eravamo alla fine degli anni "70,,, nel secolo scorso, ed io finivo non troppo brillantemente la Terza Media.
Forse che in quegl’anni l’opzione di un “Corso Professionale” dopo le Medie dava buone prospettive occupazionali, o forse è che come generazione eravamo in un numero considerevole d’individui, fatto sta che nel lontano 1978 per frequentare la classe Prima dell’Istituto d’Agraria di Sant’Ilario occorreva seguire dei turni per l’utilizzo delle Aule, per alcune classi le lezioni iniziavan alle 13 e terminavano alle 20...

Mi iscrissi comunque.

All’interno dell’Istituto tradizione consolidata era la presenza di un’attiva componente critica formata dagli studenti, si riunivano sotto il nome di “Comitato di Base” e raccoglievano il consenso e la partecipazione delle masse studentesche coinvolte nella vita scolastica. Tutti venivamo dalle scuole Medie piuttosto grigie degli anni ”70 e la nostra disponibilità alla novità era pressoché totale.
Ricordo che veniva prodotta una fanzine, un giornaletto: “il bernardino” nel quale si incontrava debitamente ciclostilata con le inevitabili macchie d’inchiostro molta ingenua ironia e alcune intuizioni interessanti, un po’ su tutto ciò ch’era Politica, e tutto ovviamente era Politica. Il ‘logo’ era l’operaio ‘rovesciato’ e le riunioni spesso eran all’Ostaia del paesino, sotto gli alberi del terrazzo in compagnia del vino “frizzantino”(ormai estinto) e della focaccia presa da Gelitto
Le Assemblee erano frequenti nella nostra Scuola, nostra proprio, in pochi mesi avevo capito che per sentirsi parte dell’Istituzione Scolastica bisognava possederne le chiavi, o almeno il lucchetto del cancello, in modo da poterne fisicamente entrare ed uscire, due azioni per le quali era essenziale l’autodeterminazione dello Studente.
Questi erano gli ottimi presupposti per farsi dare dei “delinquenti asini scriteriati" o anche peggio come da parte di alcuni giornalisti particolarmente ottusi, ma anche per concepire un’indagine politica e delle azioni sociali e dirette che portarono a dei risultati così buoni per la Collettività da poterne goder ancora oggi, a trent’anni di distanza.

L’istanza universalmente condivisa a pochi mesi dall’inizio dell’Anno Scolastico era senza dubbio quella di poter fare degli orari di lezione almeno umani, cioè concentrati perlopiù nella mattina, senza i doppi e tripli turni, e su questo il Personale tutto credo convergesse, ma si rendeva necessario un Edificio da adibire a Succursale e non se ne trovava disponibilità alcuna, almeno ufficialmente s’era a un punto morto.

Alcuni avveduti compagni però individuarono una palazzina d’Epoca attigua al ingresso dei Parchi di Nervi: Inutilizzata da anni, proprietario il Comune, era ridotta ad un magazzino su tre piani, inserita all’interno dei Parchi quale migliore soluzione?

Il Comune di Genova era allora diretto da una giunta di sinistra o di centrosinistra, la si definiva “rossa” ricordo, e la disponibilità a fornire una locazione ad un Istituto Scolastico addirittura storico per la Città poteva sembrare cosa ovvia sennonché si posero innanzi una serie di difficoltà, dovute probabilmente al tentativo d’alienare l’intero immobile da parte dell’Ente ad un Imprenditore privato che l’avrebbe rivalorizzato a modo suo, salvandolo dal degrado ma sottraendolo così alla Proprietà Pubblica ed alla sua libera fruizione. E soprattutto privandoci dell’unica possibilità d’ottenere l’agognata Succursale in tempi non biblici.

Tra il dire e il fare… un’Assemblea.
Assemblea nella quale si decise di Occupare lo stabile, secondo noi ormai “del Popolo”. Si decise di viverci dentro giorno e notte organizzando, per quanto possibile, Lezioni articolate come dibattiti nei quali addirittura proseguire il piano di Studi e non perdere l’Anno siccome si prevedeva una lotta di lunga durata, si cercò e si incontrò la disponibilità di alcuni illuminati Prof nel seguire gli studi in una dimensione informale…
Il Corteo attraversò la cittadina di Nervi per arrivare davanti all' edificio della Villa dei Parchi, i compagni meglio organizzati eran già all’interno ed in un attimo l’Occupazione si mise in atto. I ragazzi più grandi avranno pur discusso con le Forze dell’Ordine, credo, e il Comune avrà avuto reticenze a richiedere lo sgombero forzato della Proprietà, forse qualche Assessore si è accorto della serietà e della portata dell’azione, ma fatto stà che da quel giorno per circa tre mesi la Scuola per me è stato un cantiere in cui con improvvisati elettricisti e operai volontari, professori fuori orario, studenti di scuole diverse, si lavorava e si partecipava ad un progetto nel quale l’interesse di ognuno era comune. Ancor prima della risoluzione del Municipio di affidare l’Immobile all’Istituto quella era divenuta la nostra Succursale, anzi era di più, era la Nostra idea di Scuola.

Ricordo i volti e le parole… la compagna che fumando la pipa mi parlava degli Nativi Americani, il giovanotto lungo e secco che con la chitarra sapeva tutto pinodaniele. Ricordo bene il sapore fresco delle labbra di Maria, così come il generoso compagno per il quale ogni lotta andava guidata dalla bandiera rossa, con la sua bocca larga e la sua serietà. Ricordo l’amicizia empatica tra simili, una sorta di sensibilità comune diffusa.

Ricordo che per qualche anno ancora, dopo l’abbandono da parte mia dell’Agraria, lo Stabile rimase in vita come Succursale, poi venne adibito in parte a Caserma dei Carabinieri, a Centro Civico ed a Biblioteca, restando sempre comunque in mano pubblica, di proprietà e a disponibilità della Città.
Questo magari perché una moltitudine di giovani vedevano nelle soluzioni comuni, condivise, sociali, la realizzazione delle proprie aspirazioni personali ed in questa dimensione si muovevano. Per noi, ciò ch’era del Popolo, del Popolo doveva rimanere.

Definiti come teppisti o nella migliore delle ipotesi, degli illusi, abbiamo comunque conservato, per chi ancora può fruirne, qualcosa che ci è stato passato dai padri. Questo potrebbe insegnarci ancora molto, credo.


G.'09